Ojos De Gato è musica per le città, per lo spazio urbano, musica per lo spazio scenico, per il cinema. Il cinema di Bertolucci e di Pasolini. Musica per la musica di Enrico Rava, di Franco D'Andrea, di Don Cherry, di Aldo Romano. Musica per la musica di Gato Barbieri.
Ojos De Gato è un omaggio al grande sassofonista argentino Gato Barbieri, quarant’anni dopo la pubblicazione di The Third World (1970).
E, come in tutte le cose che nascono astratte per eccellenza perché viscerali, ciò che le rende percepibili come autentiche, come ben riuscite, sono le storie umane e il loro portato.
Mario Guidi e Gato, Giovanni e Laura Barbieri, che del progetto è stata madrina, e gli straordinari artisti coinvolti in questo ensemble inedito.
A cominciare da Gianluca Petrella, fuoriclasse indiscusso, con cui ho condiviso tanto, umanamente e professionalmente. Il sassofono di James Brandon Lewis, contemporaneo e struggente; le percussioni grondanti di Sud e Jazz di Francisco Mela; la concezione del tempo perfetto di Chad Taylor, uno dei batteristi più ricercati del nostro tempo e infine il contrabbasso, libero e originale come gli anni '70, di Brandon Lopez.
In Ojos De Gato provo a rendere fede a tutto ciò per questo sestetto intercontinentale. Un ensemble che nel sogno nasce a Rosario, Argentina, come Ernesto Che Guevara, come Lucio Fontana, come, appunto, Gato Barbieri.

Come definirebbe il suo linguaggio?
Posso dire con assoluta certezza che la mia cifra stilistica, almeno per il 60 per cento, deriva dal fatto di non essere stato bravo quanto i miei miti.

Cioè?
Tante cose che fanno parte ora del mio linguaggio, sono legate a quella volta che non sono stato capace di fare quella cosa come Keith Jarrett, o Bill Evans, o Stefano Bollani. Poi le ho imparate, metabolizzate e fatte entrare nel mio linguaggio.

(Intervista a Helmut Failoni su La Lettura del Corriere della Sera)