Indian Summer è il mio primo vero disco.
E sapete, è una delle cose più belle che abbia mai fatto.
L’altro disco era uscito solo in Giappone e solo anni dopo si cominciò a trovare in Europa e anche in Italia, questo invece sarebbe uscito in tutto il Mondo.
Era un periodo della vita in cui, vi devo confessare, le cose mi venivano facilmente: ero molto più leggero e anche quasi sempre fortunato.
Quella in Indian Summer è una musica serena anche se sento sempre che già cercavo qualcosa che mi facesse male, qualcosa che mi ponesse di fronte a un dolore che non conoscevo, e che forse ora riesco un po’ ad immaginare.
Lo riascolto e mi piacciono i pezzi che avevo scritto. Francesco Ponticelli è brillante ed esprimeva già quel suo essere sempre nobile, Joao già suonava così fragile e necessario, mentre con Dan Kinzelman in quei giorni nasceva una delle più belle storie della mia vita musicale e non.
Ma questa è un’altra storia.

Quell’estate avevamo vinto i mondiali.
Dopo quel disco vinsi il referendum di musica jazz come miglior nuovo talento